Classici della letteratura spagnola

di Annarita Farias

Classici della letteratura spagnola: da Miguel De Cervantes a Lorca, ecco 4 classici spagnoli da leggere almeno una volta nella vita

A meno che non si intraprenda degli studi liceali e/o universitari di lingua e letteratura europea, oggigiorno è sempre più improbabile imbattersi volontariamente in qualche classico dell’immenso e prezioso repertorio letterario che la Spagna può permettersi di vantare. Ma è anche vero che per i lettori più incalliti sarebbe davvero un peccato negarsi l’opportunità di conoscere questo “tesoro” culturale europeo.

E, dunque, la domanda da farsi è: quando non si ha avuto la possibilità di studiare la storia della letteratura spagnola – con i suoi maestri e le sue correnti letterarie che hanno influenzato inevitabilmente anche il resto delle letterature europee –, come fare a capire da quale classico è meglio partire per addentrarsi in questa avventura tra le antiche strade madrilene? Ecco 4 classici spagnoli da leggere almeno una volta nella vita.

“El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha” di Miguel De Cervantes (1605)

A Miguel de Cervantes Saavedra si dà il merito di aver scritto una delle opere più importanti della letteratura mondiale, il celebre romanzo spagnolo Don Chisciotte della Mancia (titolo originale El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha). Questa grande opera di Cervantes, pubblicata in due volumi nel 1605 e 1615, non è semplicemente un romanzo che attinge dal genere picaresco e quello epico-cavalleresco, ma è – secondo la critica letteraria – il primo grande romanzo della modernità. E non solo, Don Chisciotte della Mancia è, in realtà, una parodia del romanzo cavalleresco. Ambiguità e ironia, infatti, sono i filtri principali attraverso cui l’autore costruisce l’intera storia.

Trama. Alonso Quijana è un robusto e buffo uomo di cinquant’anni che vive in un anonimo paesino della Mancia. È un hidalgo (titolo della piccola nobiltà) morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi, una passione che a poco a poco diviene un’ossessione che lo fa impazzire. Infatti, giunto alla soglia dei cinquant’anni, si convince di essere chiamato a diventare un cavaliere errante. Egli sa che, per essere uno di quei cavalieri protagonisti delle innumerevoli storie d’avventura che ha letto, gli occorrono alcuni elementi essenziali: un cavallo, un fedele scudiero, una nobildonna da amare e per cui combattere ed un re che lo nomini ufficialmente cavaliere. Alonso diviene così il cavaliere Don Chisciotte della Mancia e, in sella al suo povero ronzino, parte per la Spagna all’avventura. In questa sua follia, Don Chisciotte riesce anche a trascinare con sé un innocente contadino del posto, Sancho Panza, a cui promette il futuro governo di un’isola a patto che diventi il suo fedele e coraggioso scudiero. Manca solo una nobildonna a cui professare amore eterno: Don Chisciotte sceglierà presto di amare Aldonza Lorenzo, una contadinotta sua vicina che sarà trasfigurata dal lui stesso in una bellissima e nobile dama dal nome Dulcinea del Toboso. È così che iniziano le avventure del povero e pazzo Don Chisciotte…

“El burlador de Sevilla” di Tirso de Molina (1630)

L’ingannatore di Siviglia (titolo originale El burlador de Sevilla o El convidado de piedra) – dramma tragicomico attribuito allo scrittore Tirso de Molina – inaugura quella che è divenuta col tempo la tradizione europea del mito di Don Giovanni. Infatti, la maggior parte della fama che ha riscosso l’opera negli ultimi secoli è dovuta proprio al processo di lessicalizzazione subito dal protagonista, il grande seduttore ed ingannatore Don Juan. L’opera è composta da tre atti – o meglio, tres jornadas – e vide la sua prima rappresentazione teatrale nel Palazzo Reale di Napoli, nel 1625. Questa prima edizione dell’opera è stata sfortunatamente persa e, attualmente, l’edizione più antica pervenuta è quella di Barcellona del 1630.

Trama. L’opera racconta le avventure amorose del donnaiolo Don Juan Tenorio, giovane nobile spagnolo esiliato a Napoli che – dopo aver sedotto la duchessa Isabela fingendosi il suo promesso sposo, il duca Ottavio – è costretto a fuggire e a ritornare di nuovo in Spagna. Ma la duchessa Isabela non sarà l’unica innocente donna che Don Juan sedurrà ed ingannerà, beffando non solo l’onore femminile ma di chiunque egli abbia davanti… destinandosi alla dannazione eterna.

“Niebla” di Miguel de Unamuno (1914)

Una delle opere più importanti di Miguel de Unamuno (anche autore di Vida de Don Quijote y Sancho, in cui riscrive la vicenda cervantina rendendo il Quijote emblema dell’ideale dell’anima spagnola) è senz’altro Nebbia (titolo originale Niebla), pubblicata per la prima volta nel 1914. Quest’opera è molto significativa perché lo stesso Unamuno non la definisce novela (cioè romanzo) bensì “nivola”, neologismo coniato dall’autore per indicare un nuovo genere letterario tutto suo ed evitando, così, che la critica potesse paragonarlo ad altre opere.

Trama. Figlio unico di madre vedova, Augusto Pérez è un giovane, ricco ed introverso intellettuale che – annoiato dalla vita e di cui l’unico passatempo è giocare a scacchi col suo amico Víctor – non sa cosa fare della propria esistenza. Finché, un giorno inizia a seguire una ragazza per strada di cui si innamora perdutamente e che cerca di conquistare ad ogni costo. Ma, già al suo nascere, è un amore destinato a fallire: Eugenia, infatti, è già sposata e deciderà di cadere alle avances di Augusto solo per poterlo ingannare. L’insuccesso di questo amore – che fino a quel momento aveva rappresentato l’unica ragione di vivere degnamente – lo farà riflettere sul vuoto della propria mediocre vita, provocandogli un’angoscia esistenziale che lo porterà innanzi al suo stesso autore-creatore, Unamuno.

“Poeta en Nueva York” di Federico García Lorca (1940)

Poeta a New York (titolo originale Poeta en Nueva York) è una raccolta di poesie che segna il punto più alto della produzione letteraria di Lorca. L’opera, pubblicata per la prima volta nel 1940, è frutto dell’esperienza americana vissuta dal poeta qualche anno prima: è, infatti, il suo viaggio a New York ad ispirare una serie di poesie “americane” sulle quali continuò a lavorare fino alla morte. Le liriche di Poeta en Nueva York hanno come nucleo centrale il rapporto tra la città ed il poeta, rapporto che può essere semplificato in due stati psicologici di Lorca: un primo sentimento di protesta contro la metropoli e la civiltà moderna, dominata dal dollaro – simbolo dell’angoscia e dell’alienazione umana –; ed un secondo sentimento di confessione e nostalgia della felicità perduta che nasce durante il soggiorno nel Vermont.

«L’aurora di New York possiede

quattro colonne di fango

e un uragano di colombi neri

che sguazzano nell’acqua imputridita.

 

L’aurora di New York geme

su per le immense scalinate

cercando in mezzo agli spigoli

nardi di angoscia disegnata.

L’aurora arriva e nessuno l’accoglie nella bocca

perché là non c’è domani né speranza possibile.

Talvolta le monete fitte in sciami furiosi

traforano e divorano bambini abbandonati.

 

I primi ad affacciarsi comprendono nelle ossa

che non avranno l’eden né gli amori sfogliati;

sanno che vanno al fango di numeri e di leggi,

a giochi privi d’arte, a sudori infruttuosi.

La luce è seppellita da catene e frastuoni

in impudica sfida di scienza senza radici.

Nei quartieri c’è gente che barcolla d’insonnia

come appena scampata da un naufragio di sangue.»