Il cuore dei Naga di Lee Yeong-do ci fa amare il fantasy sud coreano

La saga dei Naga di Lee Yeong-do, che in Sud Corea ha rilanciato il genere fantasy, approda in Italia con suo primo volume “L’uccello che beve lacrime”. Alla scoperta del fantasy sud coreano!

Sono più o meno una decina d’anni che bazzichiamo all’interno della cultura coreana (di entrambe le Coree). Ad affascinarci sempre molto sono le contraddizioni, le estreme differenze con la cultura nella quale siamo immersi e quanto sia in realtà un ibrido, per ragioni storico/politiche, tra la cultura asiatica (in particolare quella cinese ecc.) e quella occidentale (in particolare quella americana ecc.).

Da moltissimo tempo, con il nostro gruppo di lettura, volevamo addentrarci nel genere fantasy sud coreano, memori del fatto che nei k-drama i sudcoreani son bravissimi ad elaborare storie con elementi fantasy della tradizione e folklore asiatico.

Insomma, vuoi per il boom che anche in Italia ha riscontrato la letteratura contemporanea sud coreana, vuoi per il successo di serie tv e musica coreana, in Italia ci si sta proiettando al mercato sud coreano e l’editoria non fa eccezione. Dunque, finalmente sono arrivati a noi testi tradotti come è il caso della saga dei Naga.

Niente fatine, dimenticatevi nani, elfi, gnomi ecc. Nella saga dei Naga troviamo un worldbuilding completamente nuovo ai lettori occidentali, proprio perché il riferimento è la cultura secolare asiatica.

Ma di cosa parla questo primo volume “L’uccello che beve lacrime” letto a gennaio con i bookstoppisti in pigiama? Presto detto!

Lee Yeong do decide di catapultare il lettore senza remore all’interno del suo mondo. Suddiviso, dopo una grande ed epica guerra, in quattro “razze” principali, la prima che incontriamo e di cui scandagliamo usanze, costumi, anatomia ecc. sono proprio i Naga.

La trama del primo volume a grandi linee infatti, inizia in una Locanda, per la precisione “in un deserto immenso, una taverna si staglia solitaria come ultimo baluardo di civiltà prima di un confine sancito da una antica guerra. Qui fa la sua comparsa un uomo dall’aspetto agghiacciante. Il suo nome è Keigon Draca ed è in cerca di una missiva a lui indirizzata.

Seguendo l’antica massima “Tre ghermiscono uno”, l’umano Keigon è stato chiamato a entrare a fare parte di un gruppo di salvataggio insieme al Rekon Tinahan e al dokkebi Pihyong. Quello che devono recuperare è un Naga, uno di quegli esseri semi-immortali che vivono, silenziosi come spettri, al di là del confine, in città di gelido marmo celate nell’impenetrabile foresta di Kiboren”.

Perché è stato definito “il Tolkien sud coreano” ?

In primis per pura mossa marketing ovviamente. In secondo luogo perché gli elementi classici del genere vengono mantenuti, anzi omaggiati dall’autore.

Ci troviamo di fronte una vera è propria compagnia (così come quella presentataci da Tolkien nel primo volume del Signore degli Anelli) formata da quattro personaggi, ognuno rappresentante della propria razza all’interno del mondo in cui ci troviamo, alle prese con una missione da portare a termine. Questo conduce ad un’altra considerazione e cioè che lo scrittore sud coreano abbia volutamente porre attenzione sul “ritorno” alla struttura classica per raccontare una storia dalle tematiche sempre verdi che ad oggi risultano importantissime da portare alle nuove generazioni.

Se ci soffermiamo sulla scorrevolezza del romanzo, lo stile di scrittura e l’enorme fascinazione che induce a cercare altro, a fare ulteriori approfondimenti allora è un ottimo primo volume.

La vita raminga non è paragonabile a una competizione sportiva, dove più le condizioni sono difficili, più il gioco ha valore. In un mondo dove nessuno offre il proprio aiuto o si interessa la prossimo, e ogni individuo è l’unico punto di riferimento per sé stesso, la forza di affrontare la solitudine è il principale requisito richiesto a un vagabondo.

Lee Young-do

Lo stile infatti è piacevolissimo da leggere. Non ci sono spiegoni eccessivi e finalmente non si ha il timore di “sfidare” il lettore ad una lettura più attenta.

Non si ammicca, non si vuole piacere, bensì si vuole raccontare una storia con finalità ben precise. Finalità che subito appaiono lampanti al lettore più navigato (per intenderci gli appassionati del genere).

“Chi è l’uccello che beve lacrime?”, una delle tante domande insieme al mondo dei Naga il ruolo delle donne in questa società ecc. Non temere di rispondere fin dall’inizio ad alcuni dei quesiti proposti al lettore. Nessun timore a lasciare ai volumi successivi la risoluzione di altri dilemmi e problemi solo accennati nel volume introduttivo.

Farà piacere sapere che presto questa storia si trasformerà anche in un videogioco e che il secondo volume parrebbe già in fase di editing sulle scrivanie della casa editrice che ha portato in Italia la saga: Feltrinelli editore.

Attendendo il secondo volume, che sappiamo già da titolo, affronterà la cultura della seconda razza che popola il mondo della saga, vi consigliamo caldamente di leggere questo primo volume e magari leggerlo insieme agli amici.

Noi con il nostro gruppo di lettura ci siamo divertiti un mondo e come sempre non sono mancate discussioni accese, dubbi o perplessità su di uno o l’altro personaggio ma una cosa la possiamo dire con certezza: a tutti noi è piaciuto il personaggio ambiguo di Keigon Draca (il nome tutto un programma).

State cercando un primo approccio al genere fantasy sud coreano? Allora “L’uccello che beve lacrime” è il libro che state cercando! Buona lettura e attenzione a non perdervi lungo la via.