Studio Trisorio. Una storia tutta partenopea

di Matilde Maione

Lucia e Laura Trisorio: la storia d’arte della Galleria napoletana a quarantacinque anni dall’inizio. 

Napoli è ricca d’arte, storia, cultura e personalità che l’hanno resa celebre nel mondo.  

Tra tante bellezze, tradizioni ed arte, sono le persone che hanno reso Napoli così famosa ed amata (a volte odiata). Passeggiando tra i vicoli del centro ci si può imbattere in ogni sorta di attività e molti mestieri antichi qui sono ancora praticati.

Tra le strade si rispera sempre aria di festa e l’odore del caffè inebria i sensi, ma passeggiando ci sono luoghi che a prima vista non si vedono affatto. Sono nascosti in palazzi antichi, al di fuori della grande folla, stanno lì a custodire le meraviglie del contemporaneo.

Parliamo delle GALLERIE. Luoghi che non tutti conoscono, forse solo chi ama l’arte li cerca nelle città che visita. A volte ci si reca su appuntamento, a volte bisogna bussare un campanello, a volte telefonare per sapere se è possibile fare un salto. Altre volte, ancora, si entra e basta.

Una cosa è certa, accolgono sempre a braccia aperte come in famiglia. Entri in casa loro e non ti senti mai un estraneo. Questo è il potere delle gallerie d’arte.

Lo Studio Trisorio è così, ha fatto di Napoli e del mondo la sua casa, senza mai far sentire estranee le persone che bussano alla sua porta.

Da 45 anni è così. Sarà sempre il luogo sicuro degli artisti, degli appassionati e degli studiosi. Dopo la prima mostra che inaugurò lo Studio nel 1974 l’arte contemporanea è entrata a Napoli su un tappeto rosso e non se n’è più andata.

LUCIA E PASQUALE TRISORIO: l’inizio di tutto 

Pasquale Trisorio, Emilio Isgrò, Lucia Trisorio, 1975 (Fonte: artibune.com)

Dall’iniziale collaborazione con Lucio Amelio nel 1970 da cui nacquero bellissime mostre, si instaurarono tantissime e meravigliose amicizie con gli artisti, che perdurarono nel tempo.

Lucia Trisorio ricorda quei meravigliosi momenti di fermento artistico nel volume “Studio Trisorio. Una storia d’arte”.

   

Il desiderio di aprire uno spazio proprio divenne sempre più grande e nel 1974, Pasquale e Lucia Trisorio, insieme ai loro collaboratori, inaugurarono lo Studio con una mostra di Dan Flavin.

Dan Flavin, 1 ottobre 1974, Napoli, Studio Trisorio (Fonte: studiotrisorio.com)

La loro prima mostra. Nella trepidazione del momento e con qualche piccolo timore, Napoli diventa un punto di riferimento per il contemporaneo, ma all’epoca ancora non lo sapevano.   

La loro semplicità, l’amore sincero per l’arte, senza implicazioni, le forti amicizie che si sono instaurate con gli artisti, il desiderio di creare una comunità in cui rifugiarsi e sentirsi a casa. Tutto questo è lo Studio Trisorio. In silenzio e senza pavoneggiamenti si sono fatti largo nell’immenso mondo che è l’arte.

Dal 1970 al 1989 la famiglia Trisorio ha anche offerto uno spazio suggestivo di lavoro e d’incontro tra artisti, critici, galleristi e direttori di museo nella Villa Orlandi di Anacapri. Qui hanno soggiornato artisti di tutto il mondo, per brevi e lunghi periodi, traendo spunti per la realizzazione delle loro opere.

Una vera e propria casa, quella dei Trisorio ed una famiglia che ha accolto tutti. 

Anche dopo la scomparsa di Pasquale, Lucia Trisorio non ha mai mollato. Ha portato alta la bandiera dell’immensa visione e desiderio che avevano avuto fin dall’inizio. La sua semplicità e grande sensibilità sono state la sua più bella rilegatura. Ma sono stati il suo coraggio, la cultura e  l’amore il cuore pulsante di tutto. 

Lucia Trisorio (Fonte: capripress.com)

Qui sono stati accolti tantissimi artisti, come Cy Twombly, Jannis Kounellis, Mimmo Jodice, Joseph Beuys, Mario Merz, Sol LeWit o Carlo Alfano. Nomi famosissimi nel mondo dell’arte. Eppure lì prima di essere artisti, curatori, collezionisti, storici, ecc… sono sempre state PERSONE.

Oltre al panorama internazionale non hanno mai dimenticato il territorio e gli artisti italiani. Hanno trovato qui la loro casa anche Marisa Albanese, Umberto Manzo, Riccardo Dalisi, Sergio Fermariello, Raffaela Mariniello, Stefano Cerio, Lucia Romualdi e molti altri.

È stata una delle prime gallerie a esporre la fotografia ed ha precorso i tempi realizzando, all’inizio degli anni ’80, una “Rassegna internazionale sul video d’artista” presentando le varie sperimentazioni della videoarte.

Cosa ancora più importante non hanno mai lasciato il pubblico al di fuori delle loro attività. Hanno sempre cercato di coinvolgere la popolazione ed il mondo. Sempre le persone al centro di ogni lavoro. Nacque così ARTECINEMA. Per le persone.

LAURA TRISORIO: continuità e visione

Laura Trisorio (Fonte: artefiera.it)

Lucia e Pasquale ebbero tre figlie, le loro più belle creazioni, ma è stata Laura a subentrare nell’attività di famiglia e con grande entusiasmo. 

Dal 1993 dirige la galleria e dal 1996 è direttrice artistica e fondatrice del Festival Internazionale di Film sull’arte Contemporanea Artecinema.

È lei l’ideatrice della rassegna che ha portato l’arte contemporanea ad un pubblico vastissimo. Perché l’arte è di tutti e quale modo migliore di divulgare l’arte se non con un medium che tutti gradiscono. Un telo bianco che fa da schermo in una sala buia, che racconta tante storie. 

La famiglia Trisorio ha sempre guardato alle perone prima della loro professione e continua ad essere così grazie a Laura che con la sua intuizione e la voglia immensa di divulgare l’arte ha portato una ventata di aria fresca in questo mondo.

A volte dimentichiamo cos’è l’arte. Non ha una definizione vera e propria. Certo quella scientifica si, ma quella umana delle emozioni? Ognuno da all’arte un senso ed un proprio significato. Qualcuno qualche volta mostra al mondo il suo amore per l’arte ed è così che nascono le più belle sinergie. 

STUDIO TRISORIO: progettualità e spazi

Bill Beckley, “Neapolitan Holidays”, 2019, Studio Trisorio

In quarantacinque anni di storia lo Studio Trisorio ha portato negli spazi della galleria innumerevoli exhibitions. 

Come sopracitato, sono stati i primi ad aver accolto la fotografia e la video-arte. Due mezzi che fino ad allora erano stati molto sottovalutati, spesso snobbati dal mondo dell’arte, perché ancora non ritenuti “appropriati” a riempire gli spazi di una galleria. 

James Collins, “Black women”, 1977 (Fonte: studiotrisorio.com)

Sin da prima che la galleria fosse inaugurata, già era stato previsto un impianto ad hoc per permettere le esposizioni di videoarte. 

Hanno guardato avanti prima di guardare indietro e questo li ha portati ad essere una delle gallerie più famose del mezzogiorno italiano. 

Ogni mostra è studiata nei minimi dettagli e spesso sono stati proprio gli artisti a ridefinire il concetto di spazio all’interno della galleria, anche se questo comportava forare una parete o rompere l’intonaco. Si, è stato fatto! È uno degli aneddoti più famosi dello Studio:

«Vincent D’Arista ha frequentato la galleria sin dall’inizio, molto probabilmente avendo già in mente un obiettivo ben preciso. Il costante lavorio per raggiungere il suo scopo durò alcuni mesi. Il primo passo fu ottenere da Pasquale, all’inaugurazione della mostra di Arakawa, il 26 marzo 1975, il permesso di scrivere su una parete, a grandi lettere, la frase The last days of Arakawa e di disegnare a matita il segno di una breccia nel muro divisorio tra i due ambienti della galleria. Due settimane più tardi era prevista la proiezione di un film di Arakawa. Dai e dai Vincent riuscì a superare le resistenze di Pasquale e a far ritagliare effettivamente una grande fetta dal muro divisorio, un muro maestro di settanta centimetri! Non contento, Vincent non molla. Prima dichiara di voler rimuovere l’intonaco di una parete poi, una sera, decide finalmente di rivelare le sue vere intenzioni e descrive la mostra che intende realizzare: non gli basta distruggere la galleria, vuole “eliminare” anche il gallerista! Pasquale cerca di prendere tempo, dice che vuole rifletterci un po’. Alla fine il 7 maggio, la sera dell’inaugurazione, davanti alla parete frontale della galleria tutta spicconata, Pasquale giace sul pavimento, legato come un salame dalla testa ai piedi, davanti a un pubblico sbigottito e incredulo… E se fosse dipeso da D’Arista non si sarebbe fermato neanche dopo questo evento. Per la mostra di Boetti, che si doveva inaugurare alcuni giorni dopo, già aveva progettato di fare un buco profondo in una delle pareti laterali. La risposta immediata di Pasquale: “Vincent, và vattenne, famme stu piacere!“»

Aneddoto raccontato da Lucia Trisorio in un’intervista per Artribune e nel libro dello Studio. 

Vincent D’Arista, Don’t Step on Me, 1975. Photo Mimmo Jodice (Fonte: artribune.com)

Quali altre meraviglie ci riserverà in futuro lo Studio Trisorio? Una cosa è certa si guarderà sempre gli spazi di quella galleria con trepidazione, emozione, affetto e baluardo per tutta l’arte del sud Italia e non solo.

Fonti:

studiotrisorio.com, artribune.com, artecinema.com

Immagine di copertina:  Joseph Beuys porge e dedica a Pasquale Trisorio la sua prima scultura invisibile, 1972, Villa Orlando ad Anacapri, foto di Elisabetta Catalano (Fonte: studiotrisorio.com)