Elio Waschimps: il gioco crudele delle bambine

di Mariachiara Leone

Elio Waschimps: il gioco crudele delle bambine. Quello che la Ferrante fa in letteratura Waschimps fa in pittura. Chi è Elio Waschimps?

Napoli, 1932. Nasce Elio Waschimps.

Ma chi è l’artista napoletano e perché avvicinarsi alla sua pittura equivale a leggere gli scritti della Ferrante?

Con la sua personale presso la Galleria d’arte Medea nel 1957 l’artista fin da subito destò interesse negli ambienti napoletani e non solo. 

La sua vasta produzione artistica spazia dall’adesione al Neoespressionismo al movimento informale. 

Un dialogo costante con l’anima antica della città e la contemporaneità che contraddistingue il lavoro artistico di Elio Waschimps.

L’artista vive e lavora a Napoli e tra le sue opere di enorme interesse è il ciclo del Gioco.

Ovviamente ridurre il lavoro dell’artista a questo accostamento (Ferrante- Waschimps) probabilmente frutto di una sensazione personale è riduttivo.

Certo è che non si può non azzardare questo paragone quando ci si trova di fronte al ciclo di opere:  “Girotondo”, “La settimana” oppure “La bambina che disegna il gioco sul selciato”.

Profonda infatti è la riflessione che l’artista compie sul gioco dei bambini, una cosa molto seria. 

“Perché il gioco del bambino è molto misterioso. Infatti il bambino quando gioca per esempio alla settimana simbolicamente traccia la vita, disegna coi numeri le scadenze della propria vita”

E non è forse dal gioco dell’infanzia che parte la Ferrante per descrivere, scavare intorno alla natura complessa dell’amicizia tra due bambine, poi adolescenti ed infine donne?.

Come dimenticare l’episodio delle bambole all’interno della narrazione della Ferrante che serve poi a comprendere fin da subito il tipo di rapporto tra le due protagoniste e soprattutto la “natura crudele” infantile.

L’accostamento è dunque reso possibile nell’istante in cui Elio Waschimps raggiunge un livello di pittura volto al trionfo non del colore ma dell’ombra.

L’inafferrabilità dei meccanismi mentali dei bambini, il mistero del gioco infantile ed il valore simbolico del gioco cui spesso il significato resta ignoto.

“Le ragazzine mettono in scena girotondi che non hanno nulla di giocoso… Sono riposte nell’alveo dell’incubo”

Vincenzo Trione

Studiando, osservando attentamente questo ciclo è così che le chiama Vincenzo Trione “Le bambine crudeli di Waschimps” (all’interno del catalogo d’arte presentato alla mostra del 2019 al Pan di Napoli).

Quello che traspare è che l’artista riesce nel suo obiettivo di piegare la forma ottenendo una rappresentazione lugubre di scatole prospettiche in cui sono imprigionate le bambine ed i loro gesti giocosi.

“Sono inquietanti apparizioni, impronte della memoria, che sono attraversate dallo spazio. A velarle è un nero goyano, le loro danze sono angosciate, addirittura crudeli; celano un profondo dramma esistenziale, sono interpreti della nostra sensibilità alterata, celebrano il difficile matrimonio tra Cielo e Inferno, tra Innocenza e Crimine”

Ed è tra Cielo e Inferno, tra Innocenza e Crimine, tra Vita e Morte, la dualità di Napoli (e dell’uomo) che si muovono i due artisti; l’una creatrice di parole, l’altro visionario pittore.

“Napoli muta, alterata, resa ottusa dalla sua stessa bellezza, Napoli luminosa e funerea ha spinto il mio amico a meditare sulla morte dell’infanzia”

Leonardo Sinisgalli

Chissà se la Ferrante si sia mai trovata di fronte un dipinto dell’artista napoletano oppure se Elio Waschimps abbia mai letto i romanzi della scrittrice (a detta di molti è un fervido lettore).

Quello che è certo è l’enorme potenziale che questo connubio artistico potrebbe generare, ipotizzando una mostra in cui i lavori dell’uno e dell’altra dialoghino tra loro in un flusso letteratura/pittura mai sperimentato prima. 

Tornando “con i piedi per terra” e fermando  “voli dell’immaginazione”, Elio Waschimps ha riassunto perfettamente (con questo suo particolare ciclo pittorico) la sensazione che il lettore prova davanti ai testi della Ferrante.

Una storia, quella della quadrilogia dell’Amica geniale, che è sintetizzata nelle parole spese da Vitaliano Corbi su “Il Mattino” descrivendo il ciclo dei Giochi dell’artista campano.

“Le bambine che saltano al corda, giocano alla settimana e a mosca cieca, corrono verso la luce come se andassero incontro ad una condizione di vita profondamente diversa da quella che ancora avvolge ed impaccia nell’ombra dei corpi ma nel futuro verso il quale esse muovono, spinte forse da un’ansia di libertà, si avverte un vago presentimento di morte poiché i volti che queste misere bambine espongono alla luce, appaiono corrosi e disfatti, dolorosamente segnati nei loro lineamenti umani”

 Napoli 8 ottobre 1977