Gli aghi d’oro di Michael McDowell

In libreria da qualche mese impazza la febbre de “Gli aghi d’oro”. La New York del 1882 con il suo “Triangolo Nero”.

La casa editrice Neri Pozza continua nel progetto di pubblicazione dei romanzi (quasi una trentina) del romanziere Michael McDowell e, dopo il grande successo della saga di Blackwater, in libreria da qualche mese impazza la febbre de “Gli aghi d’oro”. La New York del 1882 con il suo “Triangolo Nero”.

Da un paio di anni il lettore italiano si trova di fronte a dei successi editoriali di restyling di pubblicazioni passate in sordina nel nostro paese (vedasi il caso eclatante di recupero dei romanzi del genio Alasdair Gray da parte di Sarafà editore).

Incasellato in questa serie di successi, ecco spuntare anche i lavori di Michael McDowell, dapprima con la serie di Blacwater, poi con la pubblicazione de “Gli aghi d’oro”.

Romanzo autoconclusivo, scritto e pubblicato prima della fortunata saga, “Gli aghi d’oro” ha suggellato definitivamente la possibilità di avere pubblicati in Italia altri lavori dello scrittore.

Letto insieme al nostro gruppo di lettura “I bookstoppisti in pigiama” durante il mese di febbraio, questo romanzo è stato apprezzato dalla maggior parte dei membri, dall’altra ha confermato però l’idea generale che abbiamo riscontrato in molti sull’autore.

Ma andiamo per gradi. Di cosa parla “Gli aghi d’oro”

A grandi linee, la storia ruota intorno ad una faida familiare nella New York tra la fine degli anni ’80 dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. A contendersi, tra le strade del “Triangolo nero”, il “potere” da una parte gli  Stallworth, capeggiati dal giudice James Stallworth, dall’altra la famiglia, a maggioranza di sole donne, capeggiata da Black Lena.

Il focus della narrazione non è definire chi sia nel giusto e chi sia in torto, chi abbia la giustizia e la ragione, chi la follia e la perdizione. C’è un’omicidio certo, c’è una “investigazione” ma il focus della storia, quello che davvero tiene incollati fino all’ultima pagina sono i personaggi.

Sicuramente il pezzo forte che affascina ulteriormente sono le ambientazioni. Tutto molto accattivante, scrittura piacevole, intrattenimento assicurato.

Anche dal punto di vista di oggetto libro “Gli aghi d’oro” è senz’altro un piccolo gioiellino da tenere in libreria e, contro tutte le critiche mosse al formato, noi che leggiamo in tram, sulla metro, in treno e veniamo dalla vita sballottati avanti e indietro, abbiamo trovato il suddetto comodo e, come a noi piace definirlo, “da borsetta”. Anche la grandezza del font rendono, a discapito di come si potrebbe pensare vedendo “quant’è piccolo”, scorrevole per tutte le tipologie di lettori.

Insomma, nulla da dire a Neri Pozza ma qualche dubbio sull’autore permane.

Rimasti affascinati dalla saga di Blackwater, troviamo senz’altro “Gli aghi d’oro” nettamente superiore anche se resta un moto di insoddisfazione a fine lettura. Ancora una volta!

Accattivante, terrificante e assolutamente geniale… Chi ha letto gli altri libri di Michael McDowell amerà anche Gli aghi d’oro. È profondamente gratificante lasciarsi trasportare da un romanziere all’apice delle sue capacità
Stephen King

Dubbi e perplessità sulla lettura

La domanda che ci siamo posti alla fine della lettura è stata: ma tra qualche mese sarà dimenticabile questa storia? Resisterà al tempo passata l’euforia e il passaparola dei lettori sui social, soprattutto grazie alla campagna di marketing e l’accattivante operazione grafica?.

Dal punto di vista dei personaggi la risposta è no! Black Lena, il giudice e tutti i personaggi del corollario del romanzo sono indimenticabili perché scritti in maniera impeccabile.

Se invece sia stato centrato l’obiettivo dello scrittore nel presentarci questa storia allora la risposta cambia. Questo romanzo risulta infatti nel suo intento superato, vecchio. Abbiamo una vasta gamma di romanzi che puntano al superare la netta contrapposizione tra “buoni e cattivi” ecc.

Il messaggio? Anch’esso ampiamente superato o comunque già assorbito dai lettori ormai proiettati altrove, con uno sguardo già allenato a questa tipologia di narrazioni e struttura.

Certo, il romanzo intrattiene ed è intrigante se si adorano le saghe familiari e mette d’accordo anche chi di solito legge gialli o thriller e vuole un gusto “classico”.

Accattivanti sono anche i collegamenti, i dettagli che è capace di evocare con estrema precisione Michael McDowell (la malavita newyorkese) e le scene quasi da film ma questo non basta.

Quando “vuoi accontentare un po’ tutti” la risposta è che forse non soddisfi appieno nessuno. Quando la scrittura non sa essere interessante tanto quanto i temi, la storia ed i personaggi che costruisci, allora, certo, ti diverti a leggere, giochi a comprendere chi abbia ucciso chi, chi verrà fatto fuori per primo, urli i bambini? Qualcuno salvi i bambini!.

Insomma, ridi, ti diverti ma…

Alla fine resti sempre con l’amaro in bocca. La seconda volta che ci capita con questo scrittore. Ci piace, ci “acchiappa”, si fa leggere ma poi non resta nulla di più che una prova superata con il minimo sforzo.

Una storia dimenticabile, i cui personaggi restano ma non basta! Per lo meno non a noi bookstoppisti.

Curiosità: M.M. ha scritto per la tv ed il cinema e a lui si deve la sceneggiatura di Nightmare before Christimas?Noi sciocchibasiti e voi?

Cosa leggeremo a marzo: Hollywood Babilonia