I fiumi di Giuseppe Ungaretti

di Nunzia La Montagna

I Fiumi una poesia di Giuseppe Ungaretti, scritta in piena guerra, in trincea. È inserita nella raccolta di poesie L’allegria di naufragi.

Rappresenta, per il poeta, la poesia della consapevolezza, di una raggiunta identità che deriva dal recupero del proprio passato attraverso la memoria.

Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato

L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua

Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole

Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo

Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia

Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità

Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita

Questi sono
I miei fiumi

Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure

Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre

Immergersi nella corrente dell’Isonzo equivale a ricordare tutti gli altri fiumi che hanno segnato l’esperienza ungarettiana, ricomposta nelle sue fasi.

Prendere “coscienza di sé” significa chiarire il proprio percorso biografico-esistenziale, dando un senso, nello stesso tempo, alle ragioni vitali che hanno sostenuto la vocazione poetica.

L’acqua è un evidente simbolo della vita, che dalle sue origini ancestrali giunge alla chiarezza del presente, alla maturazione dell’uomo che la guerra ha dolorosamente provocato.

In mezzo ci sono gli altri due fiumi: il Nilo, che rievoca la stagione libera e avventurosa dell’infanzia e della prima giovinezza; la Senna, che richiama gli anni parigini dell’inquieta formazione artistica e intellettuale, con la scoperta della vocazione letteraria.

Attraverso la gradazione di questi passaggi, simbolicamente confluenti nel corso dell’Isonzo, il poeta compie la conquista definitiva della propria identità, che consiste nel “riconoscersi” una docile fibra dell’universo, pienamente partecipe della vita e capace di assecondarne i più intimi movimenti.

La poesia di Ungaretti mostra quanto sia importante, nella vita di un essere umano, fare un’analisi della propria esperienza, riconoscere gli elementi che portano a diventare ciò che si è nel presente.

Il poeta utilizza i fiumi come simbolo delle città in cui è vissuto e per ricollegarsi alla sua trasformazione personale, come una sorta di “battesimo della vita” fatto nelle acque di ciascun fiume.

Nascere e poi rinascere: perché non basta essere messi al mondo per poter dire di vivere pienamente.

Bisogna saper prendere ogni “docile fibra dell’universo”, capire in che direzione si sta andando e apprezzare la terra che ci ospita.

Questa poesia, insieme a molte altre di Ungaretti, è un inno alla vita, l’invito a godere di questo immenso dono che ci è stato dato.