Il grande problema americano: il capital-washing

Altro che politicamente corretto. Il vero problema degli USA è che tutto ormai è una confezione colorata per vendere lo stesso prodotto.

Ultimamente i discorsi sul mondo audiovisivo americano sembrano essere sempre più focalizzati su temi come raimbow-washing, pink-washing, brown-washing, ecc. Ossia quella tendenza ad inserire, anche in maniera gratuita se non forzata, personaggi di colore, omosessuali, o cambiare sesso, etnia o orientamento sessuale a personaggi già esistenti.

Ciò porta spesso a situazioni al limite del, usiamo un termine da millennial/gen z, “cringe”. Effettivamente nessuno sentiva la necessità di un Achille nero. Così come nessuno sentiva la necessità di personaggi che hanno come unica caratterizzazione l’essere omosessuali e poi, alla prova dei fatti, oltre la loro omosessualità sbandierata 40 volte nei primi 2’ sono di una caratterizzazione piatta come una tavola da surf.

In realtà qualcuno la sente questa necessità. Una necessità che diventa impellente in quanto l’apparire “inclusivi” (anche solo formalmente) è per queste persone l’unico motivo di definizione del loro gruppo sociale. E soprattutto l’unico motivo di “superiorità morale” del loro gruppo sociale nei confronti degli altri. Sfortunatamente questo target, utilizziamo il termine proprio del marketing perché di questo stiamo parlando, è anche il target maggiormente alto spendente. E quindi una vera e propria miniera d’oro per le Major.

Immaginate di vendere agrumi e avere tanti gruppi di clienti. Tra questi gruppi ce ne è uno che di agrumi non capisce nulla. Non gli importa di comprare limoni, arance, mandarini o mandaranci. Gli importa solo che essi siano confezionati con una confezione arcobaleno. Perché il mostrare il fatto che abbiano comprato agrumi confezionati in un involucro arcobaleno è l’unico motivo di definizione del loro gruppo e, soprattutto, della superiorità morale del loro gruppo. Una vera e propria manna dal cielo per voi, che potete vendere agrumi di scarsa qualità a prezzo anche maggiorato.

Torniamo però all’agrume. La confezione arcobaleno, nell’istante diventa l’unico motivo di acquisto o di discussione (che comunque fa pubblicità) permette di rendere anche ininfluente il tipo di agrume che stai vendendo. Puoi vendere anche solo limoni o solo arance. Vendere insomma ciò che ti conviene di più, incartandolo nel modo, utilizziamo per la prima è unica volta questo termine, politicamente corretto.

E, nell’audiovisivo americano, sta succedendo questo. Si stanno vendendo solo e soltanto arance.

Chiariamo, l’audiovisivo americano è da sempre intrecciato a doppio filo con gli interessi delle Corporations. E in un sistema liberal-capitalista come quello statunitense gli interessi delle Corporations, quindi del mercato, finiscono per essere la base su cui si costruisce qualsiasi discorso politico.

Dai tempi dei primi film l’industria dell’audiovisivo statunitense è sempre stata, al pari del cinema europeo, ancella dei valori che sorreggevano l’ideologia in quel momento dominante. Naturalmente, con la maggiore penetrazione di modelli politici, economici, comportamentali e valoriali statunitensi anche in Europa, anche l’industria audiovisiva europea ha finito per ricalcare, più o meno, quella statunitense.

Ad oggi in Europa, assieme a sistemi politici che diventano sempre più simili al (finto)bi-polarismo americano, sistemi economici che si piegano al dogma del mercato, sistemi sociali e valoriali basati esclusivamente sul consumo, ecc. anche i sistemi audiovisivi finiscono per essere megafono di tutto questo.

Fino a poco tempo fa però, accanto alle “voci del capitale”, esisteva e resisteva una filmografia artistica e “rivoluzionaria”. Adesso, dietro al dibattito sterile su Achille nero, l’arancia è venduta a tutti. E chi vuole vendere limoni, a meno che non parliamo dei migliori limoni del mondo, si trova davanti a barriere all’ingresso che lo portano, al massimo, ad avere una bancarella in periferia. Oppure deve accettare di vendere anche lui arance.

Se prendiamo i prodotti audiovisivi statunitensi di oggi e quelli degli anni ‘70 vediamo che c’è un abisso a livello di differenziazione valoriale. Negli anni ‘70 tematiche come l’alienazione, la solitudine, il reducismo, l’antimilitarismo erano trattati in modo crudo e differenziato. C’era non solo una critica al sistema valoriale statunitense, ma soprattutto un tentativo di rigetto e una visione di una possibile alternativa.

Oggi, invece quelle stesse tematiche sono “smaltate” di rosa, nero, arcobaleno. Ma al contempo la loro critica è annacquata in un nichilismo di fondo, una consapevolezza che non esiste alternativa. Di conseguenza non c’è nessuna critica che vada oltre l’episodio e sfoci nel sistema.

Facciamo un paio di esempi: Nomadland è una critica alla precarietà? No! E’ un inno alla resilienza. Un qualcosa distante anni luce, a livello valoriale, dalla filmografia di Ken Loach o anche da Parasite.

Altro esempio: Mulan. Nel cartone di Mulan c’è un messaggio stupendo: la particolarità è la forza. Mulan, che per tutto il film si sforza di essere uomo, pagando il fatto di non esserlo, risolve la situazione facendo si che gli uomini utilizzino “come vantaggio” comportamenti femminili. In pratica c’è un messaggio di accettazione della differenza e della particolarità. Solo accettando e aprendo la mente a sistemi valoriali e comportamentali diversi si può ottenere il successo.

Nel live-action invece non c’è nulla di tutto questo. Solo una predestinazione di Mulan e soprattutto il fatto che ella non possa esprimere la sua predestinazione perché il maschio-cattivo non lo permette. Notate l’incarto arcobaleno? Ma cosa c’è dentro l’incarto arcobaleno? Il fatto che Mulan voglia far parte di quel sistema valoriale. Che quel sistema valoriale è buono e che lei, che è comunque una predestinata, merita di farne parte. Mulan a fine film non ha dimostrato di meritare il lieto fine per una sua particolarità. Ha preteso di avere il lieto fine perché ha mostrato, nonostante l’impedimento dell’incarto arcobaleno, di essere la più brava all’interno di quel sistema valoriale.

Di esempi ce ne potrebbero essere a centinaia. La maggior parte dei personaggi di oggi, sopratutto quelli positivizzati, hanno tutti lo stesso setting valoriale (che corrisponde al setting valoriale del liberismo in salsa statunitense). Vengono premiati dalla sceneggiatura perché si dimostrano più bravi a seguire quel sistema valoriale. Ma soprattutto perché la sceneggiatura deve premiare quel sistema valoriale, mostrare che è vincente, che è l’unica strada percorribile per il lieto fine.

Il tutto poi viene fatto passare attraverso un’operazione di “packaging”, di incartamento nella confezione rosa/arcobaleno/verde. Ma sempre e solo arance stai mangiando.

Non stupisce quindi il successo di quei pochi film che escono, per un motivo o per un altro, da questo sistema di incarto e vendita di arance, sono quelli che o non hanno l’arancia (ad esempio Jocker) oppure quelli che non incartano e non fanno alcun mistero di voler vendere l’arancia (ad esempio i primi film del MCU oppure il recente Top Gun: Maverick).