Le storie di Majokke: da Sally la maga a Card Captor Sakura

di Maria Castaldo

Le storie di Majokke: da Sally la maga a Card Captor Sakura. Nel vasto panorama di shojo manga. Cosa sono? 

Nel vasto panorama di shojo manga troviamo le storie  mahō shōjo, dette anche majokko, che uniscono temi e protagoniste tipiche degli shojo con l’elemento fantastico e fantascientifico.

Protagoniste di questi manga sono di solito bambine e adolescenti, terrestri e non, che possiedono poteri o li acquisiscono grazie all’uso di oggetti magici e, spesso, sono accompagnate da mascotte in forma di animali.

Le majokke o streghette sono adolescenti perché le loro avventure rappresentano un percorso di formazione e crescita ed era così facile per il pubblico più giovane identificarsi con loro.

Le loro storie erano organizzate in missioni da compiere e le streghette agiscono sempre per seguire ideali come l’amore, la giustizia e, in alcuni casi, non erano sole nelle loro missioni, ma agiscono in gruppo (Sailor Moon, Magica Doremi, Mew Mew, Mermaid Melody, ne sono alcuni esempi), ma, in questo caso parliamo di maghette-combattenti, una variazione della storia majokko che si sviluppa a partire degli anni ’90.

La prima maghetta a fare la sua comparsa è Sally la maga, andato in onda nel 1966 e prodotta dalla Toei Animation, in cui la protagonista vive sulla Terra sotto copertura per imparare le usanze degli umani, finendo poi per ambientarsi e adattarsi alla vita sul nostro pianeta.

Altrettanto conosciuti sono stati Lo specchio magico (1969) e Bia, la sfida della magia (1974), dando vita a un filone estremamente longevo e prolifico.

Il vero boom di questi anime arriva negli anni ’80 con lo studio Pierrot che da’ vita a celebri personagge come L’incantevole Creamy e Magica Emi: in entrambi gli anime le protagoniste sono due bambine che attraverso l’uso di oggetti magici donati da animaletti extra-terrestri diventano adulte e vivono così una vita parallela, coronando il sogno del successo come idol (giovani cantanti di successo in Giappone) e conquistando l’amore dell’interessato di turno.

L’inserimento della protagonista nel mondo dello spettacolo costituisce la prima innovazione per la figura delle majokko.

Inoltre, sia Creamy sia Emi hanno dalla loro parte questi animaletti dal design tenero e che costituiscono la voce della coscienza per loro, guidandole nel momento del bisogno e riproponendo così una versione femminile e alternativa del Grillo Parlante di Pinocchio.

Ma non tutto dura per sempre e con la fine degli anni ’80 e il meno noto Sandy dai mille colori, lo studio Pierrot vede le sue maghette perdere terreno e diventare sempre meno accattivanti agli occhi del pubblico.

La svolta arriva con il 1992 grazie al manga, poi trasposto in anime, di Naoko Takeuchi, l’autrice di Bishōjo senshi Sailor Moon, più semplicemente nota come Sailor Moon.

Le avventure della paladina che veste alla marinara e combatte per l’amore, i sogni e la giustizia sono una pietra miliare nell’evoluzione di queste figure di majokko, raggiungendo un successo planetario senza precedenti.

Inizialmente, Sailor Moon nasceva come spin-off del noto Sailor V, in cui una paladina solitaria combatteva le forze del male.

La prima novità è che ora al centro della scena non c’è più una sola protagonista – sebbene Usagi (Bunny in Italia) abbia un minutaggio più esteso delle sue compagne e sia l’eponima della serie- ma un intero gruppo di giovani donne combattenti.

E qui arriviamo anche alla seconda novità: fino a quel momento nessuna delle personagge dei mahō shōjo aveva usato la magia per combattere, ma sempre e solo per motivi legati alla sfera personale e alla crescita.

I poteri acquisiti permettevano loro di intraprendere un processo di maturità e di consapevolezza di se stesse e del proprio potenziale e tali poteri scomparivano nel momento in cui la bambina era pronta ad affrontare le sfide della vita.

Con Sailor Moon, invece, per la prima volta, la maghetta è anche combattente e ha come obiettivo più grande la salvezza del mondo dalle forze del male.

A essere protagoniste sono ora delle adolescenti, non più bambine e i temi trattati si adeguano al cambio d’età.

Sailor Moon avrebbe rivoluzionato il genere anche per la forte componente femminista e femminile: personagge dai caratteri ben delineati, con i loro pregi e difetti, nulla a che vedere con le (talvolta) stucchevoli protagoniste dei precedenti anime.

Il mix di action, fantasy e romanticismo era, inoltre, irresistibile e coinvolgente e consentiva allo spettatore di non annoiarsi mai, perché ogni episodio presentava un nuovo nemico, una nuova sfida e nuove tematiche da affrontare.

Inoltre, è in Sailor Moon che fanno la comparsa, sempre per la prima volta, personaggi non eteronormati e appartenenti alla comunità LGBTQI+.

Nella prima stagione, ad esempio, la coppia omosessuale formata da Kunzite e Zoisite viene completamente stravolta dall’adattamento italiano, in cui il doppiaggio e i disegni rendono Zoisite una donna, eliminando totalmente l’elemento queer dalla sua storia.

Ci sono poi  nella terza stagione Sailor Uranus e Sailor Neptune, alias Haruka e Michiru, che nel manga e nella versione giapponese sono palesemente una coppia e più volte si dichiarano i rispettivi sentimenti.

Haruka, inoltre, ha un’espressione di genere per nulla femminile, prediligendo abiti e un tagli di capelli che, secondo il binarismo di genere, saremmo portati a definire ‘maschili’. 

In realtà, proprio per Uranus si potrebbe parlare di gender fluid, dal momento che come dirà la stessa Michiru in lei coesistono sia il maschile che il femminile.

La loro relazione viene completamente censurata nella versione italiana, che taglia e modifica i dialoghi, sminuendo il loro rapporto e rendendolo simile a una ‘profonda amicizia’.

Infine, alla fine della terza stagione, con la rinascita della piccola Hotaru (Sailor Saturn) le due ‘adottano’ la bambina e insieme a Sestuna (Sailor Pluto) costituiscono una vera e propria famiglia, contribuendo a smantellare ancor di più l’assurda convinzione che famiglia sia solo quella di sangue ed eteronormata.

Anche nella quarta stagione, tra i membri del Dead Moon Circus abbiamo il trio composto da Fish Eye, Tiger Eye e Hawk Eye: tutti e tre pur essendo di sesso maschile, hanno un’espressione di genere tipicamente femminile e nel caso di Fish Eye, lei stessa si identifica con il genere femminile e sceglie per lei pronomi femminili.

La censura si abbatte anche sulle Sailor Starlights, new entry a partire dalla quinta e ultima stagione e che nella versione originale sono guerriere che sulla Terra scelgono di cambiare il proprio corpo e diventare uomini, prendendo le sembianze dei Threelights, un gruppo di cantanti per cui le ragazze (e non solo) impazziscono.

Nella versione italiana, invece, a combattere solo le sorelle gemelle dei Threelights, giunte dal loro pianeta natio per aiutare le guerriere Sailor.

Rompendo ogni stereotipo sulla femminilità, sulla famiglia e sulle relazioni, Sailor Moon ha aperto un nuovo corso nell’ambito del genere majokko, dimostrando che davvero l’amore può salvare il mondo, in qualunque forma lo si trovi.

Forte del suo enorme successo e dopo le 5 serie e i vari film e spin-off, la serie è stata riproposta con una nuova veste grafica nel 2017 con Sailor Moon Crystal, che ripercorre fedelmente il manga e racconta gli eventi che corrispondono alle prime 3 stagioni.

Inoltre,  il 3 giugno su Netflix è stato rilasciato il film diviso in due parti che racconta gli avvenimenti legati al Dead Moon Circus e alla storia di Chibiusa (figlia di Usagi e Mamoru) e Helios, il custode dei sogni.

Tra il 1992 e il 1995 è la volta di altri due prodotti che vedono cambiare la figura della majokko e la associano a quella della guerriera, combinando ancora una volta due ruoli archetipici che non venivano spesso proposti nei manga, dove si prediligevano ruoli più ‘consoni’ alla struttura patriarcale della società. 

Parliamo di Magic Knight Rayearth e di Wedding Peach – i tanti segreti di un cuore innamorato.

Anche qui abbiamo un gruppo di giovani donne alle prese con una missione: in Magic Knight (in Italia Una porta socchiusa ai confini del sole), creato dalle sorelle Clamp, si tratta di salvare una principessa in pericolo, rapita da un misterioso e crudele mago.

Ma non crediate che sia tutto così chiaro, nel corso della serie ci saranno un bel po’ di sorprese.

In Wedding Peach, invece, la lotta tra bene e male è identificata in quella tra Angeli e Demoni, con tanto di presenza di starcrossed lovers (Romeo e Giulietta per capirci) e trionfo dell’amore.

Con il 1996 le sorelle Clamp ritornano per dare vita a uno dei manga più belli e ricchi della storia: Card Captor Sakura, che vede le avventure della piccola Sakura alle prese con le Carte di Clow, carte magiche accidentalmente liberate da lei e che causano distruzione e problemi in giro per la città.

A farle compagnia c’è un adorabile animaletto, Chero-chan, il custode delle carte e suo fedele compagno.

Sakura come altre sue ‘sorelle streghe’ ha in dono un magico ciondolo che diventa un potente scettro, ma non si trasforma, restando in abiti normali.

A questo pone rimedio la sua migliore amica Tomoyo, che veste Sakura con costumi elaborati e si occupa di filmare ogni sua missione.

Il legame tra Tomoyo e Sakura è molto forte e le lega già prima della nascita, dal momento che anche le loro madri erano amiche, ma da parte di Tomoyo sfocia in amore, pur restando sempre non corrisposto.

Sakura, infatti, è infatuata di Youki, compagno di classe del fratello e, palesemente, suo fidanzato (ma anche qui la censura italiana parlava solo di forte amicizia).

Al team di Sakura si aggiungeranno in seguito Li Shaoran e Mei Li, entrambi in cerca delle carte di Clow e che si presentano come nemici di Sakura inizialmente, arrivando infine a diventare amici e nel caso di Shaoran a provare sentimenti molto forti per lei.

Dopo Card Captor Sakura il genere delle majokko subisce un nuovo declino, pur continuando a essere estremamente prolifico: lo studio Pierrot ci riprova con Fancy Lalà, considerato una copia di Creamy, ma con musiche e sigla estremamente più accattivanti, seguiranno poi piccoli gioielli come Magica Doremi, Tokyo Mew Mew e Mermaid Melody, tutte con protagoniste bambine o adolescenti che vestivano con colori vivaci e nel caso di Tokyo Mew Mew avevano come obiettivo difendere il mondo dal male.

Perché il genere majokko ha avuto e continua ad avere tanta fortuna? Probabilmente perché permettono alle bambine che le guardano di potersi identificare facilmente con loro, catturano con i colori, costumi e i poteri meravigliosi. 

Ma anche perché propongono un modello di femminilità che non è quello tradizionale, non sempre incentrato sul trovare l’amore e la realizzazione nel matrimonio, ma invece nell’instaurare un legame potente con altre ragazze, creando una sorellanza autentica e che vale più di qualsiasi potere. 

Attraverso le gesta di Sailor Moon, Sakura e altre, intere generazioni di bambine crescono e portano nel cuore i loro insegnamenti, sognando di poter cambiare il mondo e di combattere per tutto ciò che ancora c’è di buono in esso.