La video art: il corpo smaterializzato

di Mariachiara Leone

La video art nasce nel 1963 quando due artisti del movimento Fluxus: Nam June Paik e Wolf Vostell espongono le proprie opere, in particolare TV decoll/age presso la Galerie Parnass di Wuppertal (Germania).

Nam June Paik, Exposition of Electronic Music-Electronic Television, 1963, Galerie Parnass, Germania Ovest (Fonte: barnebys.it)

Ma cos'è la video art ?

La video art è quel linguaggio espressivo che sfrutta i nuovi strumenti tecnologici che permettono di creare “immagini in movimento”. 

In particolare la Video art indaga a fondo quelli che sono i rapporti tra l’arte e la televisione. 

Partita come una critica radicale al mezzo televisivo – che produce milioni di immagini elettroniche per milioni di telespettatori sottraendo “potere” agli artisti – ben presto, la video art, diventa un tipo di fenomeno artistico che non potrà più far a meno dell’universo mediatico. 

Con l’avvento della televisione nelle case di tutto il mondo l’artista si trova di fronte ad una nuova sfida. Così come successe con l’avvento della fotografia, del cinema, l’irruzione sulla scena di questo nuovo medium, costringe l’artista a interrogarsi ancora una volta sul proprio ruolo e sul linguaggio dell’arte. 

Nam June Paik, Internet Dream, 1994, “Electronic Superhighway (2016 – 1966)” at Whitechapel Gallery, London (Fonte: artsy.net)

“Le discipline artistiche, almeno in Occidente, hanno sempre accolto, sin dall’antichità, ogni possibile innovazione tecnica e tecnologica potesse aumentare il campo d’azione dell’artista stesso. Tuttavia a partire dalla rivoluzione industriale, la quantità e la qualità di tali innovazioni e di tali scoperte è andata aumentando vertiginosamente, spesso sottraendo all’artista e alla sua abilità manuale- che sovente viene confusa con l'”artisticità”- l’uso esclusivo e la produzione di immagini”

Nel 1965 la Rockfeller Foundation assegna alla catena televisiva di Boston WGBH consistenti fondi per la promozione di programmi televisivi sperimentali gestiti e realizzati da artisti e ricercatori. Tali programmi tv verranno in quell’anno regolarmente trasmessi.

Con questa operazione “la macchina televisiva” ingloba il fenomeno della Video art e gli artisti iniziano ad utilizzare videocamera a spalla, videoregistratori rudimentali e tutta quella strumentazione tecnologica tipica del contesto televisivo e cinematografico per “produrre arte”.

“Se la televisione diventa il “Grande Fratello” che può addormentare le coscienze, l’uso individuale e perciò democratico del mezzo ne riscatta i pericoli”

Andy Warhol, Outer and Inner Space (still), 1965, black-and-white 16-mm film transferred to digital files, sound, double screen, 33 minutes. Broad Art Museum (Fonte: artnews.com)

L’avvento del video ed il contesto socio-politico esplosivo favoriscono la diffusione sempre più dirompente di questa nuova forma d’arte.

La quasi impossibilità di manipolazione dello strumento quale il video, lo rendeva di fatto uno strumento simbolo di libertà là dove il momento storico era delicatissimo e contraddistinto da una esigenza quasi impellente di “verità” (anni contraddistinti dalla guerra in Vietnam, dal caso Watergate e dal fenomeno mondiale della cultura hippie).

Ovviamente l’aspetto della “quasi impossibilità” di manipolazione del video dura assai poco in quanto la velocità in cui si muove la tecnologia permette già nel 1980 di avere una serie di strumenti ed attrezzature volte al montaggio e dunque alla possibilità di creare ed elaborare video sempre più sofisticati e seducenti. 

La video art oggi rappresenta un grande bacino creativo in cui gli artisti contemporanei si muovono, esplorano e si dilettano a creare arte sempre più all’avanguardia e quasi sicuramente questo non poteva esistere senza artisti del calibro di Yōko Ono, Joseph Beuys, Nam June Paik, Ben Vautier, George Maciunas, Fabrizio Plessi, Wolf Vostell, Ketty La Rocca, Chris Burden.

 

“Naturalmente, così come gli artisti ricordati sono soltanto alcuni, significativi, tra i tanti che utilizzano nuovi media, si deve ricordare che ogni nuovo medium diventa per così dire preda dell’artista: ogni strumento di comunicazione trova oggi il suo utilizzatore artistico. Per fare un altro esempio, basato sul medium più che sull’artista, basterà citare la fortuna recente della cosiddetta Computer art, o quella recentissima della “realtà virtuale”, entrambe basate sulle possibilità grafiche, compositive, di animazione e genericamente creative degli elaborati elettronici: ebbene, già nel 1968 si teneva a San Paolo del Brasile una mostra dal titolo “Arteonica”, cioè di arte che usava il mezzo elettronico per esprimersi!”

Fonti: 

La storia dell’arte vol 18 Electa La biblioteca repubblica; L’arte e la storia dell’arte Il Novecento di Rita Scrimieri

Immagine di copertina: Installation View of Lettres du Voyant: Joseph Beuys x Nam June Paik (Fonte: cobosocial.com)

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